TOGO, al secolo, Enzo Migneco, è un artista che ha saputo coniugare la sua origine siciliana con la sua esperienza milanese, creando opere di grande intensità espressiva e cromatica.
La sua pittura, influenzata dall’espressionismo e dal post-impressionismo, riflette il suo amore per il mare, la natura, la luce e i colori del Mediterraneo. TOGO ha esposto in numerose mostre personali e collettive, sia in Italia che all’estero, e ha dedicato una parte importante della sua produzione alla grafica, realizzando incisioni di rara bellezza.
TOGO è un pittore che non si è mai fermato a ripetere uno stile o una formula, ma ha sempre cercato di rinnovare la sua ricerca e la sua sperimentazione, mantenendo però una forte coerenza e una profonda sincerità. TOGO è un pittore che merita di essere conosciuto e apprezzato da tutti gli amanti dell’arte contemporanea e non solo.
Questa è l’ultima intervista rilasciata dal Maestro TOGO alla critica d’arte Irene Luzio, che ringraziamo per la condivisione.
Maestro, Lei è nato nel ‘37 a Milano e verso i dieci anni con la sua famiglia si trasferisce a Messina, la vostra città di origine. È in questo periodo che scopre il suo talento e amore per l’arte?
In realtà ho disegnato da sempre, fin da bambino: già a sei anni. Alle scuole elementari adoperavo dei pastelli, i lapis colorati. Poi ho cominciato a dipingere, ero poco più che adolescente, intorno ai 17/18 anni. Prima disegnavo solamente, poi ho intrapreso quella che è diventata la mia strada, la mia carriera. A Messina ho esposto ed ho frequentato un gruppo di giovani pittori: Celi, Rigano, Santoro, Samperi, Alvaro Occhipinti, Cannistraci, tutti amici che ancora mi porto nel cuore.
Ci riunivamo al bar Nettuno scambiando le nostre opinioni, si litigava anche ma, soprattutto, parlavamo d’arte. Ciascuno proponeva il suo lavoro e lo metteva in discussione. Questo periodo è stato formativo e direi fondamentale per il mio bagaglio culturale. In tutti i miei cataloghi appare come testimonianza costante il rapporto che ho avuto con loro.
TOGO _ Eoliana, 2022 | olio e acrilico su tela,
Sporadicamente ci si ritrovava con Giulio D’Anna, pittore del Secondo Futurismo, uomo schivo che però era sempre pronto al dialogo e Vincenzo Palumbo e Nino Riva, due scrittori e critici d’arte molto conosciuti che avevano una pagina sul giornale locale.
A proposito di questa sua formazione, proprio agli inizi, com’è avvenuta? So che ha frequentato l’istituto per ragionieri perché non c’era un artistico in zona.
Sì esatto. Questa è una parte a cui tengo, perché io sono ragioniere come Quasimodo, Montale e Vittorini, mentre Sciascia era maestro elementare. La scuola ti dà appena i rudimenti della cultura. Vede la mia biblioteca?
Ci sono libri d’arte e tantissimi di poesie – sono uno fra i pittori che leggono poesie! – ma sono curioso nei confronti di tutta la cultura in generale. Frequento teatri, seguo il cinema di buon livello: è fondamentale per la propria crescita.
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