Il crypto winter sembra non conoscere soste. Dopo i clamorosi fallimenti di Terra (LUNA) e FTX, in molti si domandano quale sarà il prossimo pezzo della scacchiera a cadere. Una domanda che sembra ormai sul punto di trovare la risposta: Genesis.
Si tratta del resto di una risposta abbastanza prevedibile, alla luce del fatto che il colosso dei prestiti in criptovaluta ha elargito ingenti prestiti ad Alameda Research, la società di trading di Sam Bankman-Fried e all’hedge fund di criptovalute Three Arrows Capital (2,4 miliardi di dollari con il 50% di garanzia). Sia l’una che l’altra hanno già presentato istanza di protezione dal fallimento, ovvero l’inclusione nel Chapter 11, cui ora sta pensando anche l’azienda che fa parte della galassia Digital Currency Group di Barry Silbert.
Genesis taglia il 30% della forza lavoro
Nel tentativo di evitare la bancarotta, Genesis ha deciso di tagliare il 30% della sua forza lavoro. A riportare la notizia è stato il Wall Street Journal, citando alcune fonti, secondo le quali l’azienda si sarebbe rivolta alla banca di investimento Moelis & Co. al fine di valutare le opzioni rimaste sul tavolo.
Per capire meglio la portata di quanto sta accadendo, occorre a questo punto ricordare che DCG è una delle realtà più importanti dell’intero settore dell’innovazione finanziaria. Una sua caduta potrebbe rappresentare l’epilogo prevedibile della clamorosa truffa messa in piedi da Sam Bankman-Fried, l’ex beniamino dei cryptofans e fondatore di FTX e Alameda Research.
Già il passato 16 novembre Genesis aveva non solo smesso l’erogazione di nuovi prestiti, ma anche bloccato i rimborsi di quelli già esistenti. Un atto drammatico anche per altre società che vi avevano depositato i propri fondi, a partire da Gemini, la società fondata dai gemelli Vinklevoss, che ha visto restare intrappolati nella vicenda ben 900 milioni di dollari.
In pratica, ad ogni fallimento sta corrispondendo l’entrata in una fase di acuta difficoltà di tutti coloro che hanno intrattenuto rapporti con la realtà interessata. Proprio per questo motivo l’effetto contagio rischia di lasciare un gran numero di vittime sul terreno.
Ora tocca alla politica
Se si parla molto di Genesis, in queste ore, c’è anche un altro colosso della finanza decentralizzata che sembra ormai sull’orlo del crac. Si tratta di Silvergate Capital, società specializzata in servizi finanziari e in criptovalute che ha perso il 46% del suo valore a Wall Street dopo l’annuncio di tagli del 40% del suo personale. Un taglio diventato inevitabile dopo che i depositi dei clienti sono passati in un solo trimestre da 11,9 a 3,8 miliardi di dollari.
A conferma del propagarsi del panico in tutto il settore crypto, non mancano voci relative a Huobi, altro exchange tra i più importanti a livello globale. Anche in questo caso si fanno sentire di effetti del crac FTX, cui l’azienda di stanza alle Seychelles, ha deciso di reagire tagliando il 20% della forza lavoro. Si spera naturalmente che queste misure basteranno, ma potrebbe anche non essere così, considerata la mancanza di fiducia degli investitori.
Se le voci più critiche nei confronti dell’innovazione finanziaria non si sono fatte sfuggire l’occasione per attaccare l’intero settore, c’è anche chi ritiene positiva l’attuale crisi, la quale potrebbe sfociare in una chiarificazione del quadro, lasciando in vita solo le realtà più sane, come avvenne nel corso della crisi delle dot.com di inizio millennio, dalla quale emerse ad esempio Amazon.
Per poter dare un senso a quanto sta accadendo, occorre però che anche la politica decida di fare finalmente la sua parte. In particolare dando vita ad una nuova cornice normativa in grado di impedire il ripetersi di episodi come quello di Bankman-Fried, lasciato libero di portare avanti le sue manovre senza alcun genere di disturbo. La rigida regolamentazione degli asset digitali è a questo punto improrogabile, a livello globale.
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